Oyamada Hiroko, proliferazioni animali e desideri sessuati
- Giorgia
- 23 mar
- Tempo di lettura: 3 min

Qualche settimana fa, in una scuola elementare di Koga, in Giappone, è stato scoperto un tenace ladruncolo che ogni giorno trafugava qualche paio di scarpe degli scolaretti che le riponevano nello scaffale all’entrata. Tutti i tentativi per stanare il colpevole si sono rivelati fallimentari, finché non sono state installate delle telecamere: a rubare le calzature era un’intraprendente donnola. Donnole sono anche le creaturine che occupano la casa di campagna di Saiki e Yoko, che sono scappati dalle paturnie della metropoli solo per ingaggiare un conflitto senza fine con la natura: «Con le donnole non c’è battaglia. È una guerra di logoramento, fino all’ultimo respiro». Questa confessione stanca arriva durante una delle cene tra amici di cui è composto Donnole in soffitta (Neri Pozza, traduzione di Gianluca Coci, pp. 126, euro 16), l’ultimo romanzo di Oyamada Hiroko ad arrivare in Italia. Il narratore senza nome e sua moglie sono il filo che tiene legate queste scene conviviali; stanno cercando di avere un bambino, ma non ci riescono, con grande dolore della moglie («Da uno a cento, quanto desideri avere un figlio?» lei gli chiede).
INCONTRANO GLI AMICI di una vita, come Saiki e la sua nuova moglie Yoko, o quelli che scompariranno, come Urabe e la sua giovanissima compagna con cui ha appena avuto una bambina, dando voce a dialoghi che prendono pieghe inaspettate e sempre sul margine dell’implausibile. È un gioco di atmosfere weird calate nella quotidianità di un salotto pieno di acquari e pesci discus che si accoppiano, mentre gli uomini bevono sake e mangiano i gamberetti liofilizzati destinati ai pesci, e le donnole nefaste riempiono le soffitte e distruggono tatami. Insomma, tutto è associato alla normalità eppure risulta vagamente sinistro. E la maternità diventa il collante delle storie: la neonata del primo racconto e sua madre giovanissima, forse catapultata in questo nuovo ruolo senza troppo preavviso; la moglie del narratore che non riesce a concepire; e le donnole che si riproducono in continuazione nella soffitta, ciascuna madre pronta a difendere ferocemente i propri cuccioli. Poiché la voce narrante è quella di un uomo, Oyamada riesce a tratteggiare il punto di vista femminile per sottrazione, in base a ciò che manca nei discorsi maschili. Troviamo quindi che la prima spinta alla cura e alla genitorialità deve arrivare sempre dalle donne, a cui i mariti si accodano quasi con noncuranza. In Italia, Oyamada è arrivata con altri due romanzi, La fabbrica e La buca, che con quest’ultimo lavoro condividono la scrittura breve e il terrore esistenziale che si trascina pagina dopo pagina. In Donnole in soffitta i pesci negli acquari e le piccole mustelidi sostituiscono gli animali dei lavori precedenti – nutrie dal dorso grigio, cavallette, lucertole e cicale – e tutti concorrono a raccontare un universo di relazioni intricate, oniriche e destabilizzanti che si specchiano nelle vicende degli umani protagonisti.
LE FATICHE DEI PESCI impegnati a fornicare compulsivamente ma le cui uova non danno frutto fanno da controcanto al pianto della moglie del narratore che si ritrova di notte in lacrime nel letto quando scopre di avere le mestruazioni. Lo sforzo sessuale volto al concepimento si è dimostrato ancora una volta vano. Il tutto mentre Urabe e la sua giovane moglie, circondati dagli acquari, procreano quasi senza accorgersene, senza programmi, e Saiki e Yoko hanno una bambina non appena si installano nella casa infestata dalle prolifiche donnole. In un momento in cui il Giappone si interroga sul proprio futuro, tra calo delle nascite e una popolazione che invecchia, Oyamada ci ricorda che la pressione sociale si schianta sul corpo delle donne: la capacità di portare o meno a compimento una gravidanza determina il destino di un corpo? Se storicamente per il lettore occidentale è stato Murakami a definire la letteratura giapponese contemporanea, di recente – grazie a un interesse sempre più esteso per la cultura giapponese – un certo numero di scrittrici, spesso premiate e acclamate in patria, sono uscite dal cono d’ombra e sono state tradotte in italiano, delineando in letteratura un tracciato alternativo e interamente femminile. In questa congerie, l’attuale generazione, un gruppo spaventosamente talentuoso che include oltre a Oyamada Hiroko anche Murata Sayaka, Kawakami Mieko, Matsuda Aoko, Ogawa Yoko, e un poco più addietro Suzuki Izumi, definisce lo spazio letterario delle donne. Uno spazio abbastanza ampio da comprendere anche gli animali non umani, donnole in primis.
pubblicato sul manifesto, qui.











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